La Sirena è una creatura bellissima, metà donna e metà pesce, immortale, figlia del mare, che passa le sue giornate a cantare con la sua voce melodiosa, attirando a sé i marinai mentre se ne sta seduta a guardare il mare oppure a farsi ancora più bella, osservando il proprio riflesso dal suo specchio mentre si pettina i capelli.
La Sirena è la Dea e il mare stesso, figura liminale, divisa tra due mondi, che ha in sé sia l’oscurità che la luce.
Misteriosa, seducente, magica, la sua bellezza è magnetica, affascinante e inquietante come il mare.
Lei possiede il dono di vedere il futuro, di esaudire i desideri dei mortali a suo piacimento, così come di guarire gli umani (o affogarli, sempre secondo ciò che la aggrada).
Il suo canto, così come il suo fascino, crea e distrugge. È unico eppure sempre diverso, ha vita propria, appartiene a lei soltanto giacché contiene la sua più vera e profonda essenza, la sua Anima. È magia pura e primordiale che porta gioia e pazzia in ugual misura.
Lei è l’Amante, l’incantatrice, simbolo femminile di mistero e libertà, espressione autentica e fedele di se stessa.
Come accennato in precedenza, la Sirena è descritta con la metà superiore del suo corpo da donna, a seno nudo e florido, simbolo che testimonia il suo potere di Dea dispensatrice di doni e Amante mentre, la metà inferiore del suo corpo, dalla vita in giù, di pesce, simbolo della sua parte primitiva, della sua natura più antica e selvaggia, indomita.
Sia chiaro, per amore di correttezza storica e iconografica, che la Sirena non è stata rappresentata da sempre con una sola coda di pesce (delle volte veniva e viene rappresentata bicaudata, con due code aperte, richiamo alle antiche dee come la Sheila-na-gig che, con le mani, divarica le gambe mostrando la vulva, divenuto tra le altre cose simbolo iconico di Starbucks, per chi non lo sapesse o non ci ha fatto caso).
L’interpretazione come figure femminili per metà pesce risale all’epoca medioevale, utilizzate come emblema di lussuria e di vanità, un simbolo perverso utilizzato come monito per i fedeli a non cadere nel peccato della carne.
Nella mitologia e religione greca la Sirena veniva descritta e rappresentata come metà donna e metà uccello. Per la precisione, testa, seno e braccia di donna, ali e corpo di uccello, dotata di un canto seducente e una lira.
Simili alle arpie, erano descritte come spiriti del mare, associate anche alla morte e al Fato, coloro che si muovevano tra Scilla e Cariddi, antico richiamo alle dee uccello del Neolitico.
Per di più, si cita anche a figure maschili metà maschi e metà uccelli (cosi come troviamo i tritoni: metà maschi e metà pesci).
La Sirena, in una forma o nell’altra, è presente in più mitologie, culture, religioni, storie e tempi.
Il più delle volte, le storie che la vedono per protagonista, raccontano della sua pericolosità, o come per le sue sorelle selkie, di tragedie d’amore, sacrificio e dolore.
Questo perché Lei esaudisce i desideri degli uomini, dei suoi amanti ma, cosi facendo, spesso sacrifica ciò che le è più caro: se stessa e la sua libertà, il suo potere.
Non è semplice spiegare l’etimologia del nome Sirena e le ipotesi sono molteplici e non sicure.
Alcuni hanno ricollegato il nome con la radice semitica sir ("canto"), altri al greco "fune, corda" (poiché la sirena è colei che seduce, lega, imprigiona), altri ancora a "ciò che brilla”.
Nella lingua inglese, mermaid, deriva da “mere” che significa laghetto o stagno.
Già che ci siamo, facciamo chiarezza su figure simili ma diverse.
Le Ninfe d’Acqua a differenza delle Sirene vivono nei fiumi e nelle sorgenti o nei laghi, sono descritte come spiriti benevoli delle acque dolci, all’aspetto di giovani ragazze, capaci di esaudire desideri. Sono richiami, echi, delle antiche dee delle sorgenti e dei pozzi sacri, simili a fate, istintive.
Dal latino unda, onda, sono divenute gli spiriti (elementali) per eccellenza dell’elemento Acqua nell’alchimia, nella magia e nel neopaganesimo, grazie al lavoro di Paracelso e non solo.
Simili alle fate, spiriti della natura liminali tra luce e oscurità, in una storia germanica l’ondina è famosa per essere una ninfa che maledice per il torto subito in amore.
Il racconto riporta di come l’Ondina perde il suo amato, che la tradisce con un'altra donna e allora, consumata dall’odio e dalla sete di vendetta, lo maledice privandolo del sonno, senza pensare che anche lei sarà vittima del suo maleficio poiché il suo amore morirà.
Con la sua storia insegna come nella vendetta, si può perdere se stessi e il proprio amore.